CENNI STORICI SU TORELLI
Un popolo senza memoria è un popolo senza idendità destinato a scompariresenza lasciare traccia di sé (Primo Levi)
La storia di Torelli si identifica per lo più con quella di Mercogliano, di cui segue le vicende, vicende a lungo legate a quelle del Monastero di Montevergine. Quindi facciamo una breve premessa della storia di Mercogliano per meglio capire anche quella del casale di Torelli. Essa parte dalla discesa dei Longobardi nel meridione d'Italia, quando un gruppo di abitanti della vicina Abellinum, per sfuggire all'invasore barbarico, si rifugia sulla collina ai piedi del Partenio; erano gli ultimi decenni del VI secolo, tuttavia non si pensi che la collina si popolò rapidamente. Solo nell’anno 982 troviamo la prima menzione di Mercogliano, questo è ancora un casale di Avellino (vecchia Abellinum) città che dopo lo spopolamento dovuto a guerre, pestilenze, terremoti e calamità negli anni, ebbe una nuova rinascita e un nuovo battesimo in una collinetta a circa 3 Km e mezzo dall’antico sito perciò molto più vicina a Mercogliano. L’evoluzione di Mercogliano si ebbe nel secolo XI quando fecero l’apparizione nel meridione d’Italia i Normanni. In questi anni di scorrerie e di conquiste, quando la potenza Longobarda stava per essere abbattuta dopo cinque secoli di dominio, e vi si sostituiva quella Normanna contrastata dai Bizantini, si può ben immaginare l’insicurezza nella vita, e proprio in questo periodo storico vanno ricercate le origini di Torelli, cioè a un'epoca di poco posteriore al mille dell’era volgare. In questi anni per lo sgoverno di Longobardi e Greci, per assalti esterni e per discordie interne, l'antica città di Abellinum andò incontro a lenta ma progressiva rovina, la cittadinanza di essa, vedendosi malsicura nella vita e nelle sostanze, pensò di cercare altrove un asilo, fino a che esulò tutta o sulle colline attigue o in altro luogo dove la menava l'istinto della conservazione. Da queste frequenti migrazioni esordirono quei tanti villaggi che fanno corona all'odierna città di Avellino. Mercogliano, quantunque noto fin dalla remota antichità per un tempio a Mercurio, fu una delle terre abitate dai profughi avellinesi; e fu con quelle migrazioni che, da borgo scuro quale era allora ridotto, venne ad assumere vera importanza strategica col famoso castello costruito in questi tempi, e a circondarsi di villaggi rurali alle sue dipendenze, tra cui Torelli. Il casale di Mercogliano del periodo Longobardo diventò castello nel periodo Normanno, il paese con ciò acquistò carattere di maggiore autonomia e s’immise più responsabilmente nella nuova organizzazione civile e politica dello Stato. Il costituirsi di questi nuclei d'abitazione è ancora anteriore di circa un secolo alla fondazione dell'abbazia di Montevergine (anno 1124); però l'Abbazia, già qualche anno dopo la propria fondazione e cioè alcuni decenni prima che Torelli passasse alle sue dipendenze ecclesiastiche e civili (anno 1195), incominciò ad avere vistosi interessi materiali in quel borgo con possedimenti di terre e di case. Nell' Archivio di Loreto di Montevergine esistono numerose pergamene in gran parte del secolo XII a partire dall’anno 1135 concernenti una chiesa di San Nicola che è appunto la Chiesa in cui Montevergine aveva i detti interessi in località detta “Villanova” e dentro i confini della terra di Mercogliano. Questa località, secondo i documenti, ha le seguenti caratteristiche: "è presso una via pubblica, è formata di terreni coltivati a vigne e castagni. La Chiesa di San Nicola ha poi qualche possesso presso la “Fontana di San Nicola”, denominazione tuttora viva in Torelli. Negli anni successivi negli strumenti presenti nell’archivio di Montevergine al toponimo “Villanova” si videro associare altre località come Sala, Sariano, Toppetella, Torelli, che pur incontrandosi in certi determinati punti, si svilupparono però in direzioni diverse Come toponimo Torelli lo incontriamo la prima volta (con le varianti Turella, Turelli, li Turielli) nel dicembre del 1152 trattando di una vigna appartenete alla chiesa di San Nicola Villanova. Trent’anni dopo nel marzo 1183, si parla di una vigna nel luogo Torelli; il 3 maggio 1222 ritorna la menzione di Torelli, e anche questa volta a proposito di una vigna; una terza menzione nel 1226, si riferisce senza dubbio allo stesso luogo, anche se è designato col termine di Turella. I riferimenti si succedono con una certa frequenza nei secoli seguenti, si tratta per lo più di vigneti e noccioleti, solo il 16 aprile 1303 noi troviamo menzione di una casa con vigna nel luogo Torelli. Purtroppo in tutti questi documenti fino ad epoca abbastanza recente non è stato mai nominato espressamente il casale di Torelli. La prima volta che l’abbiamo incontrato è stato nel 1647. Nonostante la scarsezza di documenti riguardante un casale di Torelli bisogna però convenire che almeno fino alla metà del XIII secolo nelle immediate adiacenze della chiesa di San Nicola di Villanova si sia sviluppato un certo numero di case formando così un villaggio, in questo villaggio si dovette molto presto sentire, in quei tempi di forte fede, il bisogno spirituale di una chiesa per l'uso di quegli abitanti. Ragioni poi di deduzione storica fanno supporre che la Chiesa fin dall' inizio fosse dedicata al taumaturgo San Nicola di Mira, la cui tomba in Bari nei tempi di mezzo era uno dei Santuari più celebri e più frequentati non solo d'Italia, ma del mondo. È San Nicola di Bari dovette essere presto, oltreché titolare della Chiesa, anche patrono principale del villaggio sviluppatosi intorno alla chiesa, perché non è infrequente trovare, negli strumenti di quel tempo, il nome di Nicola portato da più individui di Torelli contemporaneamente. Non è inutile ricordare che la primitiva Chiesa di Torelli non dovette trovarsi al posto della chiesa attuale e neppure al posto della chiesa eretta nei primi anni del 1900 e, per conseguenza, neppure al posto della chiesetta anteriore alla suddetta chiesa, che fu edificata dal curato Iandolo proprio sulla vecchia. Verosimilmente l'ubicazione di questa prima chiesa è da ricercarsi lungo la via oggi ancora detta di “San Nicola”, e quindi suggeriremmo di identificare anche in quel luogo preciso la scomparsa località “Villanova”. Infatti dopo un periodo di crescita arriva il periodo dei secoli bui e così come decadono le chiese, decadono anche i borghi. Le avverse condizioni dei tempi e le tante calamità naturali che hanno stravolto l'identità di questa zona fanno un quadro piuttosto sconfortante di quella che poteva essere la vita sociale ed economica del tempo, la chiesa di San Nicola di Villanova con il suo supposto casale non fa eccezione. La sua rinascita, così come per altri casali di Mercogliano, ci fu intorno alla metà del XV secolo nella parte Sud-Orientale di Mercogliano nel territorio di Torelli, facendo poi rivivere il ricordo dell’antica chiesa di San Nicola. Negli anni a seguire dal punto di vista economico e politico, la potente Abbazia di Montevergine, che il 30 marzo del 1195 aveva avuto in dono da Enrico VI la giurisdizione feudale su Mercogliano e su tutto il suo territorio, e quindi gestiva i suoi beni, vide diminuire la sua importanza in quanto rimase assoggetta alla Commenda dell'Annunziata di Napoli che, attraverso un suo governatore, si ritrovò a disporre dei beni del Monastero ed entrò in conflitto con Montevergine ed i suoi vassalli. È il periodo del vicereame spagnolo, un dominatore che sfruttò duramente una popolazione già vessata. Successivamente la disputa fra l'Annunziata e Montevergine, legata appunto agli interessi economici derivanti dall'utilizzo del territorio, va avanti fino al 1700 quando si arrivò ad un accordo che sancì la fine della Commenda. Ma i grandi eventi storici di fine Settecento e l'arrivo dei francesi segnarono un ulteriore momento buio nella storia dei territori. I francesi mirarono ad acquisire e conservare il controllo delle vie di comunicazione che passavano per Avellino, per cui non lesinarono un consistente impegno militare. Purtroppo si macchiarono anche di inaudite nefandezze, con rappresaglie, stupri e violenze che gli abitanti di Mercogliano e dei suoi dintorni dovettero subire. Il ritorno di Ferdinando IV sul regno di Napoli fu accolto favorevolmente dalla popolazione grazie ad una diminuzione dei pesanti oneri fiscali cui i sudditi dovettero sottostare. Ma fu un altro periodo buio di queste terre, tormentate dai tanti eventi catastrofici legati a terremoti, carestie, pestilenze e incendi. Torelli assumette un ruolo decisivo anche nei moti rivoluzionari del 1799 e del 1820-21. Più volte in questa terra si accese la fiamma che portò in più occasioni a gridare: "libertà! Libertà!" Si ha notizia che il 30 aprile del 1799 una furiosa battaglia iniziò presso il passo di Monteforte e si concluse il 3 maggio con la vittoria delle forze repubblicane su quelle filo borboniche; nel furioso scontro tra gli atri perse la vita un figlio della nostra terra, un certo Nicola Corrado di Torelli. Proprio a Torelli nell’anno 1820, con il nome di "Gli Irpini al Campo del Gaudo" nasce una Vendita (così si chiamavano le cellule della carboneria) che svolgerà un ruolo importante nelle vicende che si riconducono all'iniziativa di Morelli e Silvati. I due dopo aver disertato dall’esercito borbonico con 130 uomini tra sergenti e soldati del reggimento “Borbone Cavalleria” partirono dal quartiere di Nola e marciarono verso Avellino al grido “Dio, re, Costituzione”. L’incendio partito da Nola rafforzato da un incontro di Morelli e Silvati con il Tenente Colonello Lorenzo De Conciliis, che nel frattempo era passato dalla parte degli insurrezionalisti, proprio nella zona di Torelli nelle vicine selve dei “Serroni” dove erano stazionate le truppe, e vittorioso nelle gole del Gaudio di Monteforte, entrarono festanti ad Avellino e da lì si diffuse nelle provincie di Salerno, Foggia, Potenza, di modo che già il 5 luglio sembrava fosse scoppiato dappertutto. In quel periodo dire: “Sono un Irpino” faceva tra le genti d’Italia tale impressione quali in tempi remoti il dire al mondo “sono Romano”. Il Re visto la gravità della situazione fu costretto ad emanare un editto con la promessa di costituzione. Ma nove mesi dopo, il rigurgito di libertà viene soffocato nel sangue e sono proprio gli abitanti del luogo, da cui erano partiti i moti, a dover subire la vendetta dei restauratori. E Torelli paga il suo tributo di sangue sull'altare di un'illusione troppo breve di libertà. Successivamente la storia del borgo, come quello dell'intera Irpinia segue le vicende della storia nazionale: dall'Unità d'Italia con la piaga del brigantaggio, alle guerre mondiali, a cui Torelli offrì valorosi soldati e un contributo in perdite di vite umane non secondario, fino ai giorni nostri con la irrisolta "questione meridionale".
Bibliografia
- Giovanni Mongelli, Storia di Montevergine dalle origini ai giorni nostri, 1976;
- Giovanni Mongelli, Storia di Mercogliano, 1979;
- Francesco Bove, Partenio, storia di un territorio, 1993
- Carmine Santulli, Storia del Territorio
- Documenti inediti dell'Archivio di Montevergine